Salve a tutti,

sono il dottor Simone Ordine, psicologo clinico e psicoterapeuta.

In questo video parleremo del bellissimo mito della Fenice, che vedete tra l’altro rappresentata qui alle mie spalle.

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Questo è un quadro dipinto da me qualche anno fa: ricordo che è stato molto catartico dipingerlo perché ci sono questi spruzzi di colore alla Pollock dove il bianco compenetra il nero e viceversa a formare una sorta di Tao…

Vedete anche che ho camminato sul colore: questa è la forma dei miei piedi, a rappresentare una sorta di possibile percorso.

Perché percorso e perché questo quadro si trova qui nel mio studio di psicoterapia a Roma Prati?

Perché il mito della Fenice, come vedremo nel prosieguo di questo video, rappresenta molto bene il percorso della psicoterapia.

Il mito della Fenice raccontato da Erodoto

Forse il primo passo da compiere per addentrarci nelle trame di questo bellissimo racconto esoterico è andare a leggerne il primo riferimento in assoluto che è quello del padre della Storia, Erodoto, che quasi 500 anni prima di Cristo, scrive questo righe:

C’è anche un altro uccello sacro che si chiama Fenice. Io non l’ho mai visto se non dipinto. Perché, tra l’altro, compare tra loro soltanto raramente, ogni cinquecento anni e si fa vedere, dicono, quando gli si morto il padre. L’uccello porta nel tempio del Sole il padre tutto avvolto nella mirra e lo seppellisce nel santuario.

Per trasportarlo farebbe così.

Prima di tutto, dicono, impasta con la mirra un uovo grande quanto le forze gli permettono di portarlo. Poi si prova a tenerlo sollevato e quando si sia in tal modo allenato, avendo svuotato l’interno dell’uovo vi introduce suo padre. Avendolo dunque così avvolto lo trasporta in Egitto, nel santuario del Sole. Ecco quanto raccontano di questo uccello”.

Il mito della Fenice come metafora della Psicoterapia

Per rinascere, ci vuole fatica

Leggendo le fonti primarie di questo mito possiamo notare immediatamente un elemento interessante. Ovvero che la maggior parte delle persone ricordano l’aspetto più rassicurante di questo racconto ovvero la vittoria della Fenice sulla morte, la sua rinascita dalle ceneri.

Però in pochi, forse non a caso, ricordano la parte un po’ più impegnativa, faticosa che è anche la più interessante che è quella nella quale vengono spiegati i passaggi esoterici attraverso i quali la Fenice – che è in ognuno di noi – ha modo di tornare a nuova vita.

Vediamo che Erodoto utilizza un termine che secondo me è estremamente significativo. Dice, infatti, che la Fenice deve allenarsi. Capiamo che la rinascita non è gratuita, occorre proprio un impegno, occorre lavorare per la rinascita.

E questo lavoro, questo allenamento riguarda nientemeno che poter volare sostenendo il peso del padre morto.

Capiamo la portata simbolica di questa immagine tanto evocativa.

Vediamo dunque che il primo elemento che incontriamo nel racconto è quello – per usare le parole di Erodoto – dell’allenamento, che indica evidentemente il lavoro trasformativo, quasi alchemico, da fare su sé stessi.

Alcuni pazienti a volte vengono in terapia e quando incontrano le prime difficoltà, abbandonano il percorso (è il cosiddetto drop out)

Però, il primo segreto esoterico contenuto in questo mito ci dice che non è possibile rinascere senza questo allenamento, senza questa fatica.

La Grazia, evoluzione spirituale senza trascendere la sofferenza

C’è da dire che esiste il fenomeno della Grazia, che in termini esoterici vuol dire poter rinascere “gratuitamente”. Grazia significa poterci evolvere spiritualmente, poter accrescere la nostra consapevolezza senza trascendere la sofferenza, senza scendere tra, senza incontrare e attraversare la sofferenza.

Però nella maggior parte dei casi dobbiamo poter affrontare i nostri demoni, i nostri fantasmi e questo comporta un certo grado di fatica.

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La Fenice, simbolo della leggerezza

Fatica che poi viene ricompensata grazie al fatto che attraverso di essa è possibile accedere a una dimensione di leggerezza, che nel mito viene rappresenta dall’immagine di questo bellissimo uccello di Fuoco che si libra nell’aria.

Questa leggerezza calviniana non ha nulla che fare con un momento di superficialità, anzi indica la possibilità che ha il paziente attraverso il lavoro alchemico di individuare quella distanza tra ciò che noi veramente siamo (consapevolezza) e il nostro passato.

Sostenere il peso del padre morto: elaborare il passato per essere noi stessi

Ed è proprio attraverso questo confronto, questa elaborazione del passato che giungiamo al nucleo centrale del mito.

La fenice che vola sostenendo il peso del padre morto indica la chiamata che compete a ognuno di noi relativa alla possibilità di renderci consapevoli dei condizionamenti del nostro passato al fine di poterci decondizionare e conquistare la possibilità di essere noi stessi.

Rinascere nello Spirito e ritrovare il proprio vero Sè

Questo concetto è spiegato nel passo evangelico in cui Gesù spiega a Nicodemo come ognuno di noi esattamente come fa la Fenice sia chiamato a rinascere nello Spirito.

Ricordiamo come a queste parole Nicodemo rimanga sconvolto e dica: “Ma com’è possibile rinascere da vecchi? Possiamo noi forse rientrare nel grembo di nostra madre e rinascere?”

E Gesù ribatte: “Ma come, tu che sei maestro a Israele, non sai queste cose? Ognuno di noi per poter ascendere al regno dei cieli deve poter rinascere nello Spirito”.

Qui Gesù spiega come l’essere umano per poter salvare la propria Anima ovvero la propria Psiche debba potersi sganciare dalle zavorre della nascita biologica intesa come insieme degli schemi e dei vincoli interiorizzati passivamente dal mandato familiare al fine di accedere a una nuova vita di libertà e verità spirituale.

Al fine di ritrovare il proprio vero Sé.

La Mirra: collocare il passato nella giusta dimensione

Procedendo con lo svelamento simbolico del Mito, passiamo ora a considerare il significato associato alla Mirra.

La Fenice, infatti, prima di trasportare il padre nel tempio del Sole lo colloca in un uovo di Mirra. Questo materiale implica il fatto di poter onorare il Padre.

Ma ricordiamo che il senso originario della parola ONORARE ha a che vedere con il collocare qualcosa nella sua giusta misura. La Fenice, dunque, deve poter riconoscere eventuali lenti deformanti attraverso le quali vede il proprio passato ed eliminare così dal proprio mondo interiore eventuali false convinzioni patogene relative alla narrazione del proprio mito familiare.

In effetti, come diceva Bowlby, fare terapia significa in gran parte acquisire una maggiore competenza autobiografica.

Rinascere a nuova vita, dopo aver lasciato andare

Nell’ultima parte del racconto vediamo il passaggio conclusivo attraverso il quale la Fenice che è in ognuno di noi ha la possibilità di risorgere in tutta la sua potenza e splendore.

La Fenice termina le sue fatiche deponendo il padre morto nel tempio del Sole.

Dopo averlo elaborato, dopo averlo onorato, ora deve lasciar andare il peso del proprio passato.

Questo è il racconto della meravigliosa araba fenice che vive nel nostro mondo interiore.

Questa è la possibilità di rinascita a nuova vita che compete ad ognuno di noi.

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