Psicoterapia cognitivo-comportamentale Roma

Nello studio di Roma, in qualità di psicologo e psicoterapeuta accolgo i miei pazienti e svolgo con loro sedute di psicoterapia utilizzando un approccio ad ampio spettro e integrato. Ciò significa che pur avendo un orientamento di base che muove da una formazione di tipo psicodinamico, l’intervento terapeutico si modella sul paziente e sulle sue esigenze. Ciò significa che non seguo un modello e uno schema unico, ma attingo tecniche e strumenti da una vasta serie di filoni di pensiero. Per questo sul mio sito, in cui parlo della psicoterapia, sono presenti schede relative ai vari orientamenti a cui mi rifaccio.

 

Cos’è la terapia cognitivo-comportamentale

La terapia cognitivo-comportamentale, definita in inglese Cognitive Behavioural Therapy (abbreviato con la sigla CBT) è un orientamento psicoterapeutico molto diffuso, efficace e valida dal punto di vista scientifico, come attestano numerosi studi e ricerche empiriche (evidence.based medicine). L’approccio cognitivo-comportamentale, come indica il nome, si fonda su modelli cognitivi e modelli comportamentali.

A differenza della psicoterapia psicodinamica che indaga la psiche profonda, la parte inconscia, il rimosso e le pulsioni dell’individuo, la terapia cognitivo-comportamentale pone la propria attenzione sull’intreccio tra la componente cognitiva, rappresentata dai processi mentali come ragionamento, pensiero e memoria e la componente comportamentale cioè tutta quella serie di comportamenti e condotte assunte dall’individuo. Non si tratta esclusivamente di azioni, ma dell’insieme delle attività che il singolo mette in atto in relazione all’ambiente esterno. Secondo questa scuola di pensiero, infatti, molti dei nostri problemi, a partire da quelli emotivi, dipendono e vengono influenzati da quello che pensiamo (aspetto cognitivo) e da quello che facciamo (aspetto comportamentale).

Secondo questa impostazione, agire in modo attivo sul nostro modo di pensare e agire significa poterci liberare da molti dei problemi che ci affliggono e producono una sofferenza psicologica.

Infatti, la terapia cognitivo-comportamentale tiene in considerazione il modo in cui l’individuo/paziente pensa ed elabora le situazioni che vive, i sentimenti percepiti e gli eventi della vita, attribuendo a ciascuno di questi elementi significati particolari e specifici. Il soggetto, in questo modo, interpretando la realtà secondo il suo modo di vedere e sentire, arriva a definire un sistema di credenze su sé stesso, sugli altri e sul mondo.

Un sistema di credenze che, però, spesso risulta falso, distorto rispetto a ciò che effettivamente è, così disfunzionale da provocare disagio e tale da condizionare il modo di comportarsi e di reagire alle situazioni.

Di conseguenza, il soggetto tende a sviluppare delle modalità di pensiero e azione, dei particolari schemi di comportamento che risultano dannosi, perché incidono in modo significativo sul benessere individuale, psicologico ma anche fisico (basti pensare alla sintomatologia connessa con i disturbi psicosomatici, in cui il corpo manifesta il disagio della psiche). Queste abitudini, schemi ripetuti vengono individuati dalla terapia cognitivo-comportamentale che promuove il cambiamento e lavora per agire direttamente su pensieri e credenze in modo da ristrutturarli, formarne di nuovi, funzionali a una vita serena e alla possibilità di riacquistare il benessere.

La terapia, dunque, aiuta a mettere in luce pensieri ricorrenti, schemi fissi di ragionamento e di interpretazione della realtà che sono collegati a emozioni negative forti e persistenti, aiutando a correggerli, integrali e arricchirli per superare la difficoltà.

 

Come funziona la terapia cognitivo-comportamentale

Quando si va in terapia e si intraprende un percorso che prevede un orientamento di tipo cognitivo-comportamentale, solitamente la prima azione messa in campo è la definizione chiara e condivisa degli obiettivi. La psicoterapia cognitivo-comportamentale, infatti, tra le sue caratteristiche ha l’orientamento allo scopo: paziente e terapeuta lavora insieme, c’è collaborazione per stabilire in pieno accordo lo scopo ultimo, attraverso la formulazione di una diagnosi e concordando un piano di trattamento che si adatti alle esigenze del paziente.

Paziente e terapeuta si incontrano e seduta dopo seduta arrivano insieme a identificare pensieri, emozioni e comportamenti disfunzionali le cui dinamiche influenzano lo stato psicofisico del paziente e che concorrono a creare il malessere. Si lavora attivamente per formulare insieme pensieri alternativi a quelli ricorrenti, per uscire dagli schemi che si ripetono nel tempo, arrivando a formulare nuove modalità di pensiero. Lungo questo percorso insieme, ci si preoccupa anche di verificare in modo periodico che ci siano progressi e che gli obiettivi prefissati vengano raggiunti.

Come evidenziato, la psicoterapia cognitivo-comportamentale è un tipo di intervento attivo: il terapeuta cerca di insegnare al paziente ciò che conosce dei suoi problemi, indirizzandolo verso le soluzioni. Ma il lavoro terapeutico va avanti anche fuori dalla stanza di terapia, oltre la seduta e l’ora in cui ci si incontra. Il paziente mette in pratica le strategie apprese, svolge degli esercizi a casa, al di fuori del setting terapeutico per allenare le proprie capacità a identificare in autonomia pensieri ed emozioni negative da regolamentare con gli strumenti conferitigli dal terapeuta. Il terapeuta, in questo ambito, prende un atteggiamento psicoeducativo, cioè svolge un ruolo attivo nella risoluzione dei problemi del paziente, espone in modo chiaro quei circoli viziosi e meccanismi automatici in cui ricade. Circoli viziosi e meccanismi automatici che, alimentano rafforzano e mantengono il sintomo, compromettendo serenità e benessere. Il paziente, in questo modo, viene progressivamente portato a rendersi conto e a prendere coscienza di quegli schemi che innescano le emozioni negative. E a trovare nuove soluzioni, mai sperimentate in precedenza o trascurate, arrivando a modificare le proprie abitudini di pensiero disfunzionale.

Ciò non significa, però, che il paziente sia passivo. Egli è stimolato a prendersi cura di sé in prima persona, a diventare il terapeuta di sé, sotto la guida del professionista.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale, inoltre, si differenza dalla terapia su base psicodinamica perché si accentra sul qui e ora, sull’adesso, l’oggi, il momento presente. Sebbene, infatti, l’analisi del vissuto, il ricordo del passato e il racconto dei sogni possono aiutare a capire come sono strutturati e da cosa scaturiscono i problemi del paziente, questo tipo di terapia cerca di suggerire strategie per risolverli nell’immediato. Lavoro più sui sintomi, che sulle loro cause profonde.

Durante le sedute, il terapeuta può richiedere al paziente di tenere un diario, nel quale trascrivere quegli episodi problematici che si verificano nel corso della settimana o tra una seduta e l’altra. Questo è uno dei compiti tipici della terapia cognitivo-comportamentale, poiché la stesura di un diario permette al paziente di analizzare la situazione, le sue emozioni, i comportamenti che ha messo in atto. Altre tecniche che possono essere utilizzate in questo ambito sono il problem solving, la programmazione delle attività, il decision making, il role playing – anche nella forma dello psicodramma.

Durata della terapia cognitivo-comportamentale

La durata di un percorso di terapia con approccio di tipo cognitivo-comportamentale dipende da numerosi fattori:

  • la gravità dei sintomi da trattare;
  • il tono dell’umore del paziente che si sottopone alla terapia;
  • la gravità degli effetti del problema nella qualità della vita del paziente nei vari ambiti, in famiglia, al lavoro, a scuola, nella vita sociale in genere;
  • la storia clinica del paziente, ovvero da quanto tempo è presente il problema;
  • il fatto che il paziente abbia già provato altre psicoterapie prima;
  • leaspettative del paziente sul trattamento;
  • la presenza di concomitanti disturbi di personalità, che rendono più complessa la psicoterapia;
  • la presenza di importanti fattori di mantenimento, che rendono più difficile al cliente il compito di cambiare la propria vita.
  • l’uso di psicofarmaci.

 

La psicoterapia cognitivo-comportamentale, tuttavia, proprio per la sua natura è un intervento terapeutico di tipo breve. Solitamente il percorso di psicoterapia può durare dai 3-6 mesi a un massimo di 12 mesi. Naturalmente, tutto dipende dai fattori sopra indicati.

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