Terapia breve strategica Roma

 

Quando si decide di intraprendere un percorso di psicoterapia, tutti si domandano quale sia l’orientamento da scegliere, come capire quali tipo di psicoterapia fa al proprio caso. Attualmente, le correnti, gli orientamenti terapeutici e le teorie si base sono estremamente numerose. Per chi non ha fatto questo tipo di studi e vuole orientarsi, può esserci confusione. Ho deciso, dunque, di dedicare uno spazio nel mio sito web da dedicare alla spiegazione dei diversi approcci e orientamenti terapeutici.

Nello studio di psicoterapia Roma in cui ricevo, utilizzo un approccio di tipo integrato, rifacendomi a teorie, tecniche e strumenti che attingo da prospettive terapeutiche diverse. Lo scopo ultimo, infatti, è aiutare il paziente, adattando al suo specifico problema il mio intervento.

In questo articolo parlerò della terapia breve strategica, di cos’è e di come si svolgono le sedute secondo questo particolare orientamento.

 

Cos’è la terapia breve strategica a Roma

La terapia breve strategica o TBS è un approccio terapeutico che si caratterizza per l’attenzione rivolta alla soluzione del problema manifestato dal paziente. Il suo scopo primario, dunque non è la comprensione profonda delle cause del disagio psicologico – come avviene per la terapia psicodinamica – ma eliminare i comportamenti disfunzionali e produrre un cambiamento duraturo.

La terapia breve strategica è un intervento breve, che mira ad agire in modo efficace sul disagio entro un numero ridotto di sedute, solitamente al di sotto delle 20. Esistono anche casi di terapie che si sono concluse in un tempo ancora minore, cioè nell’arco di 7 sedute.

Tutto questo avviene attraverso l’applicazione di strategie e protocolli specifici, elaborati per ciascun disturbo, dall’attacco di panico ai problemi legati all’ansia.

L’intervento strategico della terapia breve si basa su un modello sviluppato a partire dagli studi dell’ipnotista e terapeuta Milton Erickson che riteneva importante, per aiutare il paziente, non tanto indagare il passato e soffermarsi sul suo vissuto, quanto concentrarsi sul presente, sul qui e ora. Il suo scopo era la ricerca di soluzioni semplici per problemi complessi attraverso il problem solving terapeutico. Erikson, infatti, riteneva che sebbene il disagio psicologico e i suoi sintomi abbiano un’origine nel passato del paziente, derivino da traumi, problematiche familiari, mancanze, vissuti, conoscere quest’origine non rappresenti un passo avanti per affrontare e superare la sofferenza psicologica. La proposta della terapia breve strategica, allora, è quella di focalizzarsi su questioni ben specifiche, trovando delle strategie, degli strumenti, persino degli escamotages.

La pratica clinica di Erikson è alla base del modello fondamentale della terapia breve strategica, insieme ai contributi dati dalla teoria della comunicazione di Gregory Bateson, l’antropologo che ha elaborato anche i principi alla base dell’orientamento sistemico-relazionale in psicoterapia. A tutto ciò si aggiungono anche spunti ed elementi provenienti dalla teoria cibernetica e dai suoi sviluppi costruttivisti. Tutto questo è conflutio nella scuola di Palo Alto, il cui massimo esponente e rappresentante è Paul Watzlawick. Nel nostro paese, invece, il punto di riferimento per la terapia breve strategica è lo psicologo e terapeuta Giorgio Nardone, allievo di Watzlawick. È lui ad aver sviluppato ed elaborato un modello di intervento originale e degli specifici protocolli di trattamento dedicati ai vari disturbi psicologici, in particolare protocolli per il trattamento dei disturbi alimentari e protocolli per il trattamento dei disturbi ossessivo-compulsivi.

 

Terapia breve strategica Roma: come funziona

La psicoterapia che segua un approccio breve strategico, come osservato in precedenza, si concentra sul problema manifestato dal paziente. Più nello specifico, il terapeuta lavora per comprendere il funzionamento del problema, il meccanismo che lo determina e gli elementi che concorrono a provocare e mantenere i sintomi.

L’obiettivo, infatti, è quello di intervenire su di essi per rompere il circolo vizioso che provoca la sofferenza psicologica. Sebbene, infatti, esistano dei protocolli di intervento per ciascuno specifico disturbo, è anche vero che l’intervento terapeutico si adatta al singolo individuo, unico nel suo essere. La psicoterapia breve strategica non parte da una teoria assoluta, ma lavora sullo specifico problema.

Il primo passo è l’indagine delle tentate soluzioni che alimentano il problema. Con il termine tentate soluzioni si intende tutti quei pensieri, azioni e dinamiche relazionali che il paziente o il sistema intorno a lui mette in atto, in modo automatico e spesso inconscio, per superare la sua difficoltà e gestirla. Senza, però, riuscirci. Si tratta di tentativi che, a lungo andare, ripetendosi nel tempo senza alcuna efficacia, contribuiscono ad alimentare e sostenere la difficoltà, arrivando alla strutturazione di un vero e proprio disturbo.

La disfunzionalità si sorregge così grazie a una dinamica che si autoalimenta, frutto dell’esasperazione di alcune strategie adattive che si trasformano in disadattive, in tentate soluzioni appunto, che invece di risolvere il problema lo aggravano e cronicizzano. Spesso chi sperimenta l’inefficacia delle tentate soluzioni si rende perfettamente conto che non sono funzionali, che non gli consentono di uscire dal circolo vizioso. Nonostante questa consapevolezza, però, non si riesce ad agire altrimenti. C’è una rigidità. A lungo andare, questa situazione fa sì che si perda completamente fiducia nella possibilità di un miglioramento. Di fronte al fallimento continuo, si comincia a pensare che non ci sia via d’uscita, né possibilità di cambiamento positivo.

Il terapeuta, dunque, individuando le tentate soluzioni, scopre il funzionamento del problema e aiuta il paziente a spezzare la rigidità dei comportamenti controproducenti attuati fino a questo momento. L’intervento breve strategico, infatti, consente di esplorare nuovi modi di vedere le cose, di trovare nuove soluzioni mai sperimentate, ignorate o non considerate prima: soluzioni alternative efficaci.

Il punto di arrivo è la possibilità di modificare il punto di vista, di trovare modi di pensare e agire, abitudini nuove, funzionali che vadano a correggere e sostituisce i rigidi schemi entro i quali ci si è mossi fino a ora. Durante la terapia, inoltre, si fanno anche esperienze emozionali correttive, che mettono l’individuo in condizione di provare qualcosa di diverso rispetto al solito in relazione alla realtà da cambiare. In questo modo, il paziente acquisisce la capacità di trovare in modo autonomo nuove prospettive da cui guardare alle difficoltà, ritrova l’elasticità mentale necessaria a escogitare strategie risolutive alternative. Così, la soluzione si adatta al problema e non viceversa, come accaduto in precedenza quando si mettevano in atto le “tentate soluzioni”.

 

Quanto dura una terapia breve strategica Roma

La metodologia della terapia breve strategica, come detto in precedenza, prevede un intervento di tipo breve, che ha l’obiettivo di rendere il paziente autonomo e di restituirgli l’indipendenza nel modo più rapido possibile. Con questo tipo di approccio, solitamente, i risultati cominciano a essere visibili già dopo la prima seduta. I progressi, inoltre, vengono misurati durante tutto il processo terapeutico, non solo all’inizio o alla fine del percorso di terapia. Sono proprio questi risultati a guidare i vari passi, conducendo verso la conclusione del trattamento. Come in tutte le psicoterapia, non è possibile stabilire a priori quante sedute saranno necessarie per risolvere il disagio psicologico manifestato. L’esatta durata varia a seconda delle situazioni e del paziente.

 

 

 

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