Cosa si nasconde dietro la stanza 101 del Grande Fratello?

Qual è la tortura più insopportabile di ogni altra? Qual è secondo Orwell il meccanismo che ci rende inumani?

Quando si verifica l’inversione della colpa?

1984 è un romanzo profetico, uno dei più importanti della storia della letteratura. Nel suo capolavoro distopico, George Orwell anticipa in modo impressionante alcuni problemi nevralgici della società moderna e parallelamente esprime in chiave narrativa dinamiche psicanalitiche estremamente profonde, riguardanti giochi di potere che si sviluppano tra genitori e figli nel contesto di una famiglia disfunzionale.

Il punto culminante del romanzo si svolge nella stanza della tortura 101, nella quale i prigionieri incontrano il loro peggior incubo e viene espiantato dalla loro mente ogni barlume di umanità.

Il mio intento in questo video è offrirti un’esposizione chiara e allo stesso non banale dei preziosissimi insegnamenti psicologici custoditi nel capolavoro-denuncia di Orwell.

1984: una sintesi della trama

Grazie a tutti coloro che si stanno iscrivendo. Entriamo subito nel vivo del tema.

Per addentrarci negli aspetti più profondi dell’opera, dobbiamo prima ripercorrere brevemente la trama.

Orwell scrive 1984 subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Le vicende narrate si svolgono a Londra, capitale dell’Oceania. Il potere è concentrato nelle mani di un unico partito, a capo del quale si trova il Grande Fratello, un personaggio che nessuno ha mai visto in carne ed ossa, ma che viene rappresentato con un disegno che ricorda sia Hitler che Stalin.

Tutti i cittadini sono costantemente osservati dal Grande Fratello, attraverso numerosi teleschermi presenti ovunque. Ti ricorda qualcosa? Come sai, anche in questo momento, mentre segui questo video, sei davanti a un teleschermo che ti osserva e acquisisce informazioni su di te.

Questo è il genio di Orwell, che aveva previsto tutto questo,

Il potere è gestito da diversi enti:

  • il Ministero dell’Amore agisce attraverso la sua spietata psicopolizia e si occupa di convertire attraverso la tortura qualsiasi comportamento deviante rispetto ai binari prefissati dal partito;
  • il Ministero della Pace si occupa della guerra;
  • il Ministero dell’Abbondanza si occupa dell’economia;
  • il Ministero della Verità si occupa di stravolgere la narrazione dei fatti a seconda delle convenienze del partito

Winston Smith, un adulto illuminato

Il protagonista del racconto è Winston Smith, un funzionario che lavora al Ministero della Verità e che quindi è incaricato di modificare testi, libri e foto del passato, distorcendo la verità, ricreandone un’altra più adatta ai desideri del partito.

Per far ciò è costretto a utilizzare la logica del bi-pensiero promossa dal Grande Fratello, un meccanismo mentale che consente di ritenere vero un qualunque concetto e il suo contrario.

Winston è una persona illuminata.

È consapevole dell’ingiustizia e dell’oppressione messa in atto dal partito e sente il bisogno di ribellarsi. Egli, infatti, commette diversi psicoreati, tra i quali tenere un diario e fare l’amore con Julia, anch’essa ribelle al sistema.

In tal senso, occorre ricordare come nel futuro distopico immaginato da Orwell il sesso venga vietato dal partito e sia tollerato solamente a scopo procreativo. I due amanti vengono scoperti da O’Brien, un esponente della psicopolizia.

Egli li sequestra e li tortura allo scopo di convertirli all’amore per il Grande Fratello.

Winston resiste a tutto ma alla fine nella stanza 101 crolla e tradisce Julia.

Giochi di potere: l’inversione della colpa nella famiglia disfunzionale

Il capolavoro di Orwell rappresenta una superba denuncia nei confronti di tutte le istituzioni che opprimono l’uomo attraverso il potere e l’autorità. Tale aspetto sociale dell’opera è stato già ampiamente riconosciuto e decritto.

Ciò che rimane inesplorata è la deriva psicoanalitica del romanzo. Per procedere in tal senso, la chiave di lettura da tener presente è che la prima istituzione che ognuno di noi incontra è la famiglia. È in seno alla famiglia, infatti, che si formano nell’individuo gli schemi che andranno a regolare il suo rapporto con l’autorità.

L’opera di Orwell descrive superbamente le dinamiche psichiche che si manifestano in tutti i rapporti asimmetrici di tipo oppressivo, compreso quello che si instaura tra genitori e figli nel contesto di una famiglia disfunzionale.

In tal senso, il fatto che i Ministeri del partito agiscano in modo opposto a quello che dichiarano i loro nomi risulta una metafora estremamente efficace della dinamica conosciuta come inversione della colpa. Quando un genitore mette in atto comportamenti maltrattanti nei confronti del bambino, quest’ultimo per non impazzire deve invertire i termini del proprio vissuto, deve stravolgere la narrazione dei fatti, proprio come avviene nel romanzo.

La mente del bambino non reggerebbe alla consapevolezza che la sua vita è posta nelle mani di un adulto maltrattante. Per il bambino è molto più rassicurante assumere la colpa su di sé e dire a sé stesso frasi come: “Se papà mi tratta male vuol dire che me lo merito, vuol dire che sono io il colpevole. Lui lo fa per me, perché mi vuole bene”.

Attraverso questo meccanismo molto affine alla Sindrome di Stoccolma, il genitore maltrattante torna a essere buono e questo permette al bambino di non impazzire di paura. La mente del bambino maltrattato non collassa perché si aggrappa a un’illusoria sensazione di controllo: “Se non sarò ancora cattivo, papà non mi farà più del male”.

A tal proposito, fanno venire i brividi le parole del torturatore O’Brien: “Li ho visti fiaccarsi a poco a poco, li ho visti strisciare, frignare, piangere. Alla fine, non erano più lacrime di dolore ma di espiazione. Quando abbiamo finito con loro, erano dei gusci d’uomini che dentro di sé ospitavano soltanto dolore per quello che avevano fatto e amore per il Grande Fratello. Era commovente vedere quanto lo amavano.

Il bambino tra senso di colpa e amore per il genitore maltrattante

Queste parole, purtroppo, descrivono in modo esemplare ciò che avviene nel bambino in rapporto al genitore maltrattante.

È atroce vedere come i bambini nella loro fisiologica innocenza possano sentirsi profondamente colpevoli e allo stesso tempo pieni d’amore nei confronti di un genitore maltrattante. Paradossalmente purtroppo ciò che permette al bambino di non crollare è proprio il fatto di assumere la colpa su sé stesso.

Tale versione delle cose del resto è l’unica accettata dal genitore.

Qualsiasi versione alternativa verrebbe immediatamente sanzionata, proprio come farebbe la psicopolizia del partito.

Ecco spiegato quindi il senso psicoanalitico del bipensiero e dell’inversione dei significati applicata dal partito e accettata dai cittadini, tale per cui chi tortura è il Ministero dell’Amore, chi fa la guerra è il Ministero della Pace e chi distorce continuamente la narrazione dei fatti è il Ministero della Verità.

Una storia edulcorata della propria infanzia

Tutto ciò trova un preciso riscontro clinico negli insegnamenti della psicanalista Alice Miller che spiega come la verità portata avanti dalla maggior parte delle persone maltrattata dai genitori non sia altro che una storia edulcorata della propria infanzia. Tale distorsione viene sostenuta da potentei sistemi di difesa quali rimozione, scissione, negazione, dissociazione e proiezione.

In un assetto di questo tipo, il bambino maltrattato divenuto un adulto nevrotico non solo farà fatica a rintracciare le cause dei propri sintomi. Ma non avendo messo in discussione il modello genitoriale offertogli, tenderà a reiterarlo.

Non è un caso che la ribellione di Winston abbia inizio proprio scrivendo un diario nel tentativo di ricordare qualche elemento del proprio passato. Winston rappresenta l’adulto spiritualmente evoluto che, anche se a fatica, lotta contro le proprio difese e resistenze (che sono il corrispettivo nella narrazione della psicopolizia) per iniziare un processo di psicoterapie e risveglio interiore.

In tal senso, ricordiamo come secondo Bowlby fare una buona psicoterapia significhi in gran parte acquisire una maggior competenza autobiografica.

I teleschermi simbolo del nostro giudice interiore

Approfondendo l’interpretazione dell’opera occorre notare come i teleschermi che spiano continuamente i cittadini perfino dentro casa rappresentino non solo il pericolo di un controllo totale del governo sul popolo veicolato dal moderno sviluppo tecnologico, ma indichi parallelamente anche il rapporto di ciascun individuo con il proprio Super Io.

Tale giudice interiore si forma interiorizzando il genitore arcaico.

Chiaramente un genitore maltrattante genera nel figlio un giudice interiore severo che proprio come il Grande Fratello è ossessivo, onnipresente, autoritario e inflessibile.

“Il Grande Fratello ti guarda” dice la scritta sul teleschermo, esattamente come il giudice che ci portiamo dentro che non si stanca mai di controllarci.

Cosa c’è nella stanza 101?

Ma gli aspetti più terrificanti del racconto si svolgono all’interno della famosa stanza della tortura 101. In tale sala del Ministero dell’Amore, coloro che hanno deviato dal volere del partito, vengono riportati attraverso la tortura, al bipensiero e all’amore per il leader assoluto.

“Una volta mi hai chiesto – dice il torturatore a Winston – che cosa c’era nella stanza 101 e ti ho risposto che lo sapevi sa. Tutti lo sanno. Nella stanza 101 c’è la peggiore cosa al mondo”.

Qui il condannato viene posto davanti alla sua più grande paura. Tale apice del terrore per un bambino consiste sempre nel non sentirsi amato dal genitore.

Questa disfunzione quando è presente, si declina in ogni famiglia in una forma particolare. A volte riguarda le grida, altre le percosse, in altra ancora la derisione e l’abbandono. Poi tale forme nell’età adulta si differenziano e si camuffano, generando ogni tipo di fobia possibile.

Ciò con cui si confronta Winston nella stanza 101 è un’antica e orribile tortura cinese.

In tale supplizio viene applicata una sorta di gabbia metallica oblunga davanti al volto del condannato. Dietro la porta della gabbia vengono posti dei topi affamati. Non appena il torturatore fa scattare l’apertura della gabbia, essi divorano il volto del suppliziato.

Diciamo subito che dal punto di vista simbolico, il topo rappresenta elementi mentali rimossi che vivono nell’oscurità del sottosuolo mentre la maschera gabbia applicata sul viso del condannato rappresenta la strettoia mentale conosciuta come ferita-feritoia, di cui ho parlato in un video del quale vi lascio un link in descrizione.

La tortura subita dal protagonista riguarda l’essere divorato dai propri traumi non risolti.

Winston resiste a tortura atroci senza mai piegarsi al bipensiero ma davanti a questa prova crolla. Poco prima che scatti l’apertura della porta, Winston – senza che nessuno gliel’abbia suggerito, comprende che l’unico modo di evitare quella pena tremenda è chiedere che venga inflitta a qualcun altro, alla donna che ama, a Julia, piuttosto che a lui.

“Fatelo a Julia! Fatelo a Julia, non a me! Julia! Non mi importa niente di quello che le fate. Laceratele la faccia! Rodetela all’osso! Non a me! Julia” grida Winston.

In tal modo egli verrà piegato, perderà il suo ultimo briciolo di umanità e giungerà ad amare il Grande Fratello

Tradire l’amore e perdere l’umanità

Questo è l’immenso insegnamento offerto dal genio di Orwell: la perdita totale dell’umanità si realizza nel momento in cui si tradisce l’amore al fine di evitare il confronto con la propria peggior paura. E precisamente quando, pur di non doverlo affrontare, preferiamo far vivere il nostro peggior incubo alla persona amata. Questo meccanismo assume un’importanza fondamentale nella psicologia dlee profondo.

Poiché in un certo senso ogni persona che sia stata cresciuta in una famiglia deficitaria deve prima o poi entrare nella stanza 101, siccome abbiamo spiegato il bambino evita la tortura assumendo su di sé la colpa dei genitori, l’adulto è tentato di evitarla facendola vivere alle persone che avrebbe potuto amare, agli amici, al partner e soprattutto ai figli.

L’adulto che si sente torturato dal senso di colpa assunto s di sé all’interno di una famiglia maltrattante può cadere nella tentazione di liberarsi da tale sofferenza proiettandola sui figli.

Il genitore si libera dal proprio senso di colpa proiettandolo sul figlio, passa la rabbia del proprio giudice interiore su di lui. Ogni volta che lo maltratta è come se provasse una sorta di momentaneo e illusorio sollievo.

Gridando a suo figlio “Sei cattivo” si sente forse, per la prima volta in vita sua, un uomo buono.

Gridandogli “Sei incapace” si libera di un senso di inadeguatezza che ha sopportato pe runa vita intera e così via.

Ma in realtà così facendo decreta la vittoria del partito, del proprio demone interiore, dei propri traumi. Perde l’amore, il senso della propria esistenza e la propria umanità.

Verso la luce della consapevolezza con la psicoterapia

Invece che affrontare il proprio dolore, non fa che replicarlo verso una nuova generazione, offrendogli nuova linfa vitale.

Far vivere a qualcun altro e specialmente ai nostri figli i nostri traumi non risolti, rappresenta forse il fallimento spirituale più grande.

Cerchiamo di comprendere come tutta la sofferenza, l’oscurità, la mancanza di consapevolezza si muovono da monte a valle, dalle generazioni precedenti a quelle presenti, come una grande ombra nera.

Il compito più importante della psicoterapia consiste proprio nel fermare questa ondata di oscurità attraverso la luce della consapevolezza e della presenza.

Il senso della vita consiste proprio nell’affrontare i nostri traumi e i nostri incubi per non farli vivere alle persone che ci sono vicine e per non passarli alle generazioni future.

Ricordati che Winston vincerà.

 

Dottor Simone Ordine, psicologo e psicoterapeuta Roma Prati

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