Fare il genitore è il mestiere più difficile del mondo

Anzi, è davvero impossibile.

Detto così, questa potrebbe sembrare un’esagerazione.

L’esternazione di un padre o di una madre che, a tavola con gli amici, parla di un’esperienza condivisa: quella di una vita a barcamenarsi tra mille impegni, tra il lavoro che sottrae tempo ed energie e la cura dei propri figli.

Quei bambini tanto desiderati e attesi che trasformano la coppia in famiglia e che hanno bisogno di affetto, attenzione, amorevolezza, regole…

Al di là dei luoghi comuni, dire che quello del genitore è un mestiere impossibile è una grande verità, soprattutto se ci soffermiamo sul valore psicologico e filosofico di quest’affermazione.

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Essere genitore significa nutrire, accudire, dare amore…

Per essere genitori non c’è un manuale di istruzioni

Quando diventiamo madri e padri, ce la mettiamo tutta per essere dei buoni genitori.

Facciamo del nostro meglio, senza sapere bene come dovremmo comportarci. Spesso non ci sentiamo all’altezza del compito.

Non esiste un manuale di istruzioni o meglio, ci sono tantissimi libri che parlano di genitorialità, di come crescere dei bambini sani e felici.

Tuttavia, è importante capire che non esiste una ricetta per essere un buon genitore in maniera assoluta.

Come dice il filosofo francese Jean Paul Sartre, l’essere umano è l’unico ente in cui l’esistenza precede l’essenza. Ciò significa che prima di tutto esistiamo, poi costruiamo il nostro senso, il significato della nostra vita.

Non avviene il contrario.

Possiamo applicare questo stesso concetto al genitore e affermare che non esiste un modo preconfezionato di essere genitore.

Non c’è un metodo di sicura efficacia da applicare in modo schematico, qualcosa che sia valido per tutti allo stesso modo, in ogni tempo e in ogni parte del mondo.

Il nostro modo di essere genitori prende forma sulla base di un’infinita serie di variabili, di volta in volta.

Bisogna tenere conto del contesto di riferimento, dell’epoca, del luogo. E soprattutto, del bambino che ci si trova di fronte.

Ciascuno di noi nasce con un temperamento, un carattere.

Le tecniche e il modo in cui ci relazioniamo con il nostro figlio primogenito potrebbero rappresentare un approccio poco indicato per il fratellino o la sorellina minore. Sono sempre figli nostri, ma ciascuno di loro è diverso, unico, un’individualità che cresce e si forma, dotata di caratteristiche che gli sono proprie.

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Non esiste un manuale di istruzioni per essere un buon genitore

Cattivo genitore o buon genitore?

Non esiste un modello genitoriale a cui conformarsi.

Di fronte a questo dato di fatto, le reazioni potrebbero essere diverse.

Alcuni, madri e padri, potrebbero irrigidirsi, bloccarsi su posizioni preconcette. Con questo atteggiamento, si finisce con il cercare di prendere a prestito i metodi educativi elaborati da altri.

Potrebbe trattarsi dell’approccio educativo appreso in casa, dai propri genitori. Oppure di quello che viene suggerito in uno dei tantissimi volumi in commercio dedicati alla puericultura, quello specifico ramo della pediatria che si occupa della cura del bambino, non solo dal punto di vista fisico ma anche psichico. O ancora potrebbe rifarsi alle teorie di questo o quel pedagogista, seguendole a menadito, con totale fiducia, senza provare a metterle in discussione oppure adattarle alla situazione contingente.

Purtroppo, alla lunga chi agisce in questo modo smette di riflettere e interrogarsi sul modo in cui entra in relazione con il proprio figlio, cosa che potrebbe arrecare danno al sano sviluppo del bambino.

Arriviamo così a definire quello che è un buon genitore e quello che, invece, è un cattivo genitore, dal punto di vista della psicologia lacaniana.

Secondo questo approccio teorico, il cattivo genitore è colui che non è in grado di stare in rapporto con la mancanza, con il vuoto.

È colui che smette di interrogarsi, di riflettere e cercare di capire.

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Cosa significa essere un buon genitore?

 

Al contrario, il buon genitore si rende conto che l’essenza dell’essere umano è la trascendenza, una tensione costante verso l’evoluzione. Il buon padre e la buona madre non pensano di essere i migliori in assoluto, di aver raggiunto la perfezione, l’apice.

Sentono la mancanza non come un limite o un vuoto ma come una spinta propulsiva.

L’assenza in loro si fa desiderio, di andare oltre, di comprendere meglio.

Il buon genitore è colui o colei che è sempre pronto a imparare, che procede per prove e tentativi, che è pronto anche a ingegnarsi e improvvisare poiché la vita è imprevedibile e ci mette di fronte casi sempre diversi, situazioni problematiche.

Il buon genitore è quello che ha dubbi su di sé, che si mette in gioco, che è disponibile al confronto, al cambiamento. È flessibile, non rigido.

Chi, invece, appare troppo convinto e sicuro di quel che fa, che pensa sempre di essere nel giusto e magari dispensa consigli agli altri, probabilmente è un cattivo genitore.

Quando nasce un bambino, nasce anche il genitore. Per questo, chi si rende conto di aver bisogno di aiuto, chi decide di intraprendere una terapia di coppia prima di intraprendere questo straordinario viaggio che è la genitorialità, chi cerca supporto per la propria famiglia oppure intraprende un percorso di parent training, è sicuramente un buon genitore.

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