Un messaggio sfaccettato come un diamante

In questo video vi propongo di analizzare da un punto di vista psicoanalitico il passaggio di Matteo in cui Gesù cammina sulle acque.

Prima di addentrarci nell’interpretazione di questo passaggio, vorrei fare una prima osservazione, dicendo che un messaggio come quello di un grande Avatar come Gesù è come un diamante: da qualsiasi punto di vista lo si guardi, risulta sempre luminoso.

Oggi prenderemo in considerazione solamente il punto di vista psicoanalitico, ma ricordiamo che i messaggi più veri e più profondi sono sempre polisemici, cioè portano luce in tantissime chiavi di lettura. Cominciamo a leggere alcuni passaggi insieme. Non lo leggerò magari tutto, salterò delle parti.

Il mare dell’inconscio e il rimosso

“La barca intanto distava già qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario. Verso la fine della notte, egli venne verso di loro camminando sul mare”.

Vediamo qui una metafora della psicoterapia in cui il paziente è a largo nel mare, simbolo dell’inconscio. In questo momento, il paziente è solo ed è agitato dal vento, che rappresenta il turbinio delle emozioni da cui è sconvolto. Su questo scenario notturno, quindi nell’oscurità, simbolo di quei momenti in cui non c’è la luce della consapevolezza, ecco Gesù che appare camminando sulle acque. Gesù come un terapeuta si presenta come una persona in grado di camminare sul mare dell’inconscio, in grado di non affondare nell’inconscio.

“I discepoli, a vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: «E’ un fantasma» e si misero a gridare dalla paura”

Questo è quello che avviene al paziente nelle prime fasi della terapia. Quando è immerso nel proprio inconscio, il paziente vede il terapeuta come un fantasma. Che vuol dire?

Che lo vede attraverso il transfert.

Tra il terapeuta e il paziente emerge un fantasma che è il passato, a volte difficile del paziente. Egli non riesce a vedere il terapeuta così come i discepoli non riescono a vedere Gesù. Lo vedono come un fantasma e ne hanno paura. Il paziente, che è stato traumatizzato magari dal padre o dalla famiglia, non riesce a fidarsi del terapeuta, non lo vede per quello che è, lo vede sulla base di una proiezione.

Riconoscere il transfert: il passato non è il presente

“Ma subito Gesù parlò loro: «Coraggio, sono io, non abbiate paura»”

Qui il terapeuta cerca di far capire al paziente: “Guarda che io non sono un fantasma, non sono tuo padre o tua madre. Guarda che le relazioni possono essere diverse dalla tua relazione primaria, dai traumi che hai vissuto.

Quindi ti aiuto a riconoscere il transfert.

“Pietro gli disse: «Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque».”

Quando il paziente riconosce il terapeuta in quanto tale e non più coperto dal fantasma del passato, comincia a fidarsi. È come se dicesse: “Ok, voglio anch’io provare a essere più forte del mio inconscio, voglio poter camminare sulle acque, voglio poter entrare in contatto con l’inconscio, sicuro che la tua guida non mi farà sprofondare. Non sarò preda di un’ “irruzione di inconscio”. Ora che ci sei tu, tutto quel materiale dell’inconscio posso affrontarlo. Ora che mi fai capire che la relazione può essere diversa, non sarà necessariamente come quella che ho vissuto con i miei genitori, allora oi posso affrontare tutto quel dolore, quei ricordi, quel mare di rimosso”.

“Ed egli disse: «Vieni!». Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù.

Così il paziente dice mi immergo nella terapia, mi fido di te.

“Ma per la violenza del vento, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».

Vediamo che dopo questa prima luna di miele tra paziente e terapeuta, il vento ad agitare le acque, tornano le emozioni turbolente. Non basta la fiducia. A un certo punto inevitabilmente i miei traumi si riaprono. È normale. All’interno della relazione, appena io tocco le tue ferite, quelle si riaprono. Le emozioni difficili di dolore, paranoia, sfiducia escono fuori, il vento si agita.

Quindi torna la paura.

Il paziente chiede supporto e il buon terapeuta immediatamente stende la mano e afferra il paziente.

La paura in terapia

Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò”.

Vediamo che qui Pietro dubita e quindi affonda. Cerchiamo di capire anche il livello simbolico di questo passaggio. Se noi dovessimo vedere la cosa a livello razionale ci domanderemmo “Come fa Pietro a dubitare di un Dio che cammina sulle acque?” Gesù con un simile gesto ha dimostrato la sua divinità. Pietro non dovrebbe poter dubitare di qualcuno che cammina sull’acqua. Eppure Pietro ha comunque paura. Come fai, se c’è Dio davanti a te, che è tuo amico?

La paura nella terapia non è qualcosa di razionale.

Non basta saperlo. Non è qualcosa di cognitivo perché i traumi sono profondi. Quel mare di rimosso significa che sei nato in una famiglia in cui non ti sei sentito accolto, quindi non ti senti figlio di Dio, non ti senti parte dell’Universo.  Ti senti come una monade isolata, in te è forte l’Ego e questa cosa si è depositata profondamente dentro di te.

Quindi c’è bisogno di un percorso, c’è bisogno di moltissime prove.

Pietro anche più avanti non è cosciente della propria fragilità. Egli dice a Gesù che non lo tradirà mai. Ma Gesù gli risponde “Tu mi avrai tradito tre volte prima che abbia cantato il gallo”. Vediamo che il rapporto con la fede, con la terapia non è qualcosa di superficiale, non basta una dimostrazione, non basta dirlo. Bisogna crescere, c’è bisogno che ci sia un’evoluzione spirituale, psichica, dell’anima.

La scintilla divina che è in noi

Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca gli si prostrarono davanti, esclamando: «Tu sei veramente il Figlio di Dio!».”

Il paziente dopo una serie di alti e di bassi riesce a contattare quella scintilla divina che è nel terapeuta ma anche in sé stesso. Qui non si vede Dio come una specie di entità onnipotente. Nonostante Gesù dica a Pietro “Ok cammina sulle acque”, lui non può farlo a un certo punto.

Tante volte Gesù non può fare quelli che qui nel testo vengono definiti prodigi. In lingua greca troveremmo dìnamos. Quando Gesù non viene accolto non può fare questi prodigi, questi “movimenti”.

Quello che lui fa non sono magie che vengono fatte in modo unilaterale: è importante la relazione che si sviluppa tra Gesù e le persone guarite oppure i discepoli. Gesù quando insegnava queste cose, le insegnava sapendo che parlava non con una giraffa o un ippopotamo. Parlava perché capiva che le persone che lo ascoltavano potevano apprendere i suoi insegnamenti, potevano farne qualcosa.

Quindi qui non si tratta di paragonarsi a Gesù. Si tratta di poter seguire e cercare di avvicinarsi al suo insegnamento e usarlo in questo caso per prendersi cura delle persone.

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