Quando si parla di psicoterapia in generale, l’idea che ci si forma in mente è legata alla psicoterapia individuale, quel particolare rapporto a due, tra paziente e terapeuta, funzionale al raggiungimento di un obiettivo comune. Obiettivo che non è rappresentato soltanto dalla risoluzione del sintomo e del disagio manifestato durante la prima seduta ma che coincide anche con un significativo cambiamento.

Perché questo avvenga è necessario che il terapeuta accompagni il paziente, seduta dopo seduta, verso una maggiore consapevolezza di sé e delle proprie risorse interiori.

Tuttavia, non esiste soltanto la psicoterapia individuale e non è detto che questo percorso sia quello più adatto a chi intende affrontare alcuni tipi di problematiche, in particolare quelle relazionali.

Gruppo e relazioni: perché la terapia di gruppo

Riflettendoci bene, è evidente che la nostra esistenza, la vita quotidiana, non si esaurisce nei rapporti interpersonali che riguardano solo due persone. Gran parte dell’esperienza umana, fisica ma anche e soprattutto psichica, avviene in un contesto collettivo, di gruppo. Facciamoci caso, questa affermazione è vera a partire dal nucleo fondamentale all’interno del quale si vive fin dalla nascita, la famiglia.

Dal momento in cui veniamo al mondo, entriamo in relazione con più soggetti contemporaneamente (madre, padre, fratelli) e abbiamo a che fare con dinamiche complesse, che sono influenzate da tutti gli agenti coinvolti. Questo avviene anche all’interno del gruppo dei pari, degli amici che conosciamo fin dall’infanzia o nel corso della nostra vita adulta. E avviene anche nel luogo di lavoro, con i colleghi. Noi siamo completamente immersi in una rete di relazioni, siamo parte integrante di questo sistema relazionale.

“La personalità è quasi interamente il prodotto dell’interazione con altri esseri umani importanti, cosicché il bisogno di essere legato agli altri diviene necessario alla sopravvivenza ed è la fonte dello sviluppo di un concetto di sé basato sulle valutazioni altrui riflesse sull’Io” scrive Irvin Yalom. Come spiega il terapeuta statunitense, la nostra intera personalità è plasmata dalle relazioni significative che viviamo, a partire da quelle con i nostri genitori. Il nostro concetto di noi stessi si sviluppa sulla base dei feedback ricevuti dagli altri.

Noi ci riflettiamo nello sguardo degli altri.

Proprio per questi motivi, la psicoterapia di gruppo può essere concepita come la naturale evoluzione di quella individuale, uno strumento fondamentale per esplorare in modo approfondito il nostro mondo relazionale.

Come funziona la terapia di gruppo

La terapia di gruppo è un tipo particolare di terapia nel quale un gruppo di persone si riunisce sotto la direzione del terapeuta che conduce e osserva le dinamiche interne al gruppo, aiutando i vari membri a prendere consapevolezza del modo in cui si relazionano agli altri. Sono proprio la reciprocità e la possibilità di un confronto con molteplici punti di vista a rappresentare la forza benefica di questo tipo di percorso terapeutico. Il gruppo che si riunisce regolarmente, in incontri concordati insieme dai membri, costituisce un sistema microsociale all’interno del quale entrano in gioco i modelli operativi dei singoli individui. Ciò significa che all’interno di questa dimensione plurale, il singolo si comporta e interagisce con gli altri secondo quegli schemi che ha introiettato nel tempo, quegli stessi schemi che spesso si rivelano disfunzionali. Sulla base di questo principio è possibile osserva e raggiungere una maggiore consapevolezza sulle proprie modalità di relazione, lavorando su di esse.

In particolare, nella prospettiva della terapia di gruppo, non è il terapeuta a costituire la base sicura a cui ancorarsi per poter esplorare il proprio mondo interiore, pensieri, vissuti, emozioni.

È il gruppo stesso a costituire la base sicura e a innescare quelli che vengono chiamati fattori terapeutici, legati proprio alla dimensione plurale. Ciò significa che questi particolari elementi terapeutici si trovano soltanto nella terapia di gruppo, non in quella individuale.

È Yalom stesso a indicarli:

  • Infusione di speranza
  • Universalità
  • Informazione
  • Altruismo
  • Ricapitolazione correttiva del gruppo familiare
  • Sviluppo di tecniche di socializzazione
  • Comportamento imitativo
  • Apprendimento interpersonale
  • Coesione di gruppo
  • Catarsi
  • Fattori esistenziali

Fattori terapeutici della terapia di gruppo

Il primo fattore terapeutico è l’infusione di speranza. Quando si entra in un gruppo di terapia già formato, si viene a contatto con membri presenti da tempo, che sono quindi più avanti nel percorso e hanno già superato alcune difficoltà, raggiunto degli obiettivi. Questi individui, in poche parole, godono di un livello di benessere psicologico superiore. La loro presenza infonde speranza nei “nuovi arrivati” poiché essi sono la dimostrazione vivente della possibilità di guarigione. Inoltre, i membri del gruppo si sostengono a vicenda, aiutandosi.

C’è poi l’universalità che può essere definitiva come la percezione e il riconoscimento da parte dei diversi membri di elementi comuni. Chi partecipa alla terapia di gruppo condivide esperienze ed emozioni con gli altri e nota come anche gli altri vivano e sentano in modo molto simile, scopre come le sue preoccupazioni, i dubbi, i disagi non appartengono solo a lui ma sono comuni e universali. Questo consente di ridurre notevolmente il senso di isolamento, quel sentirsi solo nella propria sofferenza e aiuta anche a migliorare l’autostima.

L’informazione ha a che fare con la possibilità dei singoli di confrontarsi tra loro, acquisendo dagli altri nuove informazioni su problematiche comuni.

Altro importante fattore terapeutico sperimentato in prima persona nella terapia di gruppo è l’altruismo. All’interno di questo microcosmo, i vari membri del gruppo si aiutano a vicenda, hanno la possibilità di sostenersi reciprocamente e, allo stesso tempo, sperimentano i benefici che derivano dalla possibilità di dare qualcosa agli altri. Questo aiuta a sollevare l’autostima e anche a sviluppare stili di coping alternativi cioè meccanismi adattivi per affrontare problemi emotivi e interpersonali.

All’interno del gruppo si attua anche la ricapitolazione correttiva del gruppo familiare. Detto molto in sintesi, attraverso il gioco del transfert e del controtransfert che si attiva nell’ambito della terapia, il singolo è in grado di rivivere esperienze del passato e vissuti familiari.

Questo, in particolare, può avvenire grazie all’uso dello psicodramma, una particolare tecnica che fonde terapia e teatro, con la quale si ha la possibilità di mettere realmente in scena ricordi, mettendosi nei panni degli altri (madre, padre, fratelli) attraverso lo scambio di ruolo che consente al protagonista di cogliere punti di vista ed emozioni inedite e guardare la situazione da una prospettiva completamente diversa dalla propria.

Indubbiamente, attraverso questa forma di psicoterapia si riescono anche ad apprendere nuove tecniche di socializzazione. All’interno della dimensione gruppo, infatti, gli altri fungono da specchio. Attraverso la loro reazione ai nostri comportamenti e alle nostre azioni, ci inducono a una maggiore autoriflessione e consapevolezza poiché siamo in grado di vederci con gli occhi degli altri, di capire che tipo di immagine di noi stessi proiettiamo all’esterno, qual è l’impatto che il nostro agire ha sulle altre persone. Questo ci consente anche di modificare quello stesso comportamento.

Il comportamento imitativo, invece, si attiva nel momento in cui si osserva e si prende come modello di riferimento delle proprie azioni quel che fanno gli altri e il terapeuta poiché lo valutiamo in senso positivo. Imitiamo il comportamento degli altri membri del gruppo poiché abbiamo assistito a una scena particolare o perché abbiamo ascoltato il racconto di uno dei nostri “compagni di viaggio”.

Interagendo con gli altri, che forniscono continuamente feedback, si raggiunge una maggiora consapevolezza. È questo che Yalom chiama apprendimento interpersonale.

Abbiamo poi la coesione di gruppo, quel particolare senso di appartenenza che si sviluppa all’interno del gruppo stesso. Tutti i membri si sentono parte di qualcosa di più grande, di questo sistema che vive e funziona attraverso di loro.

Parliamo poi di catarsi per intendere quel particolare senso di sollievo, una sensazione di liberazione che deriva dalla possibilità di esprimere liberamente le proprie emozioni, senza il timore di essere giudicati. All’interno del gruppo, infatti, ci si trova in un ambiente rassicurante, in cui nessuno viene posto sotto accusa e giudicato e tutti cooperano per il benessere proprio e degli altri.

Infine i fattori esistenziali (la morte, il senso di precarietà, la solitudine esistenziale, la ricerca di un significato all’esistenza) sono ciò su cui ci si confronta costantemente all’interno del gruppo. Sono una base da cui partire per imparare e accettare.

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