Cosa sono gli attacchi di panico?

L’attacco di panico è uno dei disturbi d’ansia più comuni e diffuso. Allo stesso tempo è anche uno dei disagi psicologici che spingono maggiormente i pazienti a decidere di intraprendere un percorso di psicoterapia. L’esperienza dell’attacco di panico sconvolge chi la vive. Ci si trova completamente destabilizzati, incapaci di comprendere cosa stia accadendo. Un minuto prima stiamo camminando in strada tranquilli. Quello dopo siamo in preda a una paura intensa, apparentemente immotivata, improvvisa, che ci inchioda letteralmente nel punto in cui siamo.

Le sensazioni che si provano in quei momenti sono terribili: il cuore che accelera bruscamente i battiti, il ritmo del respiro che cambia, tanto da avere l’impressione di soffocare, i muscoli contratti, il corpo che sembra non rispondere più alla nostra volontà. L’impressione è quella di essere completamente fuori controllo, incapaci di reagire alla situazione. Si può provare nausea o disturbi addominali, avere una sensazione di instabilità. Spesso si prova anche un forte dolore al petto.

Sensazioni fisiche che innescano una serie di pensieri fortemente negativi. “Sto impazzendo” pensa qualcuno. Oppure “Mi sento male, ho un infarto, sto per morire”. Chi ha un attacco di panico crede che gli stia accadendo qualcosa di grave, che la sua stessa vita sia in pericolo. I sintomi fisici dell’ansia vengono interpretati come un reale pericolo.

La paura si alimenta e si nutre di questi pensieri catastrofici, aumenta sempre di più.

Perché vengono gli attacchi di panico? In questo articolo proviamo a spiegare cosa c’è alla base di questi sintomi legati all’ansia e come reagire di fronte a un attacco di panico.

Cause dell’attacco di panico, sintomo di un disagio profondo

Bisogna partire da una considerazione: la maggior parte delle emozioni ha un corrispettivo sul piano fisico e fisiologico. Ciò significa che quando proviamo rabbia, paura o anche eccitazione sessuale, per fare soltanto degli esempi, si verificano delle modificazioni nel nostro corpo, che hanno a che fare con l’attività del sistema simpatico e di quello parasimpatico.

Quando siamo arrabbiati, sperimentiamo una maggiore tensione muscolare, una respirazione accelerata, tachicardia. Il nostro viso si fa rosso per il maggior afflusso di sangue. Come spiega un articolo divulgativo su Le Scienze, molti studi hanno dimostrato che i meccanismi emozionali servono a preparare il nostro fisico ad affrontare le sfide che incontra nell’ambiente esterno, attivando i vari sistemi.

Quando un’emozione viene riconosciuta da chi la prova, essa può raggiungere il suo apice e venire espressa pienamente. La tensione accumulata viene scaricata e diminuisce. Ma quando non riconosciamo l’emozione che stiamo sperimentando, lo stato fisiologico di iper-attivazione dei vari sistemi – da quello nervoso a quello cardiocircolatorio – diventa cronico.

È proprio quello che avviene quando si ha un attacco di panico.

Percepiamo tutta una serie di sensazioni fisiologiche correlate a un’emozione (il battito accelerato, la nausea, la contrazione dei muscoli) e non riusciamo a metterla in relazione al corrispettivo emotivo. Non capiamo da dove deriva quello che proviamo. Ci sembra che venga dal nulla, senza motivo, all’improvviso. Al di sotto di tutto questo, però, c’è un’emozione che viene negata, scissa perché non riusciamo ad affrontarla.

Per esempio, potremmo provare rabbia nei confronti di una persona cara, un genitore, il nostro partner. Una rabbia che ci sentiamo in colpa a esternare ed esprimere. Per questo scindiamo l’emozione, non ci diamo la possibilità di provarla a livello cosciente. Cerchiamo, in modo inconscio, di silenziarla e sopprimerla. Oppure non vogliamo ammettere di avere paura di fronte a una certa situazione che ci spaventa.

Non ci concediamo la possibilità di essere noi stessi in tutto e per tutto. Si tratta di emozioni conflittuali, che si scontrano direttamente con la visione che abbiamo di noi stessi. Dunque, sentiamo accadere qualcosa dentro di noi e non riusciamo a spiegarcela, non siamo in grado di interpretare quei cambiamenti. È come se il corpo impazzisse del tutto. Abbiamo paura di stare male ed è così che si innesca una reazione a catena: lo stato alterato del corpo ci spaventa e quel terrore eccita ancora di più lo stato fisiologico. È un vero e proprio circolo vizioso.

Ma esistono modi per reagire all’attacco di panico e per superare questo disturbo d’ansia.

Come gestire l’attacco di panico e imparare a superarlo, i consigli dello psicologo psicoterapeuta Roma Prati

Da psicologo e psicoterapeuta che ha affrontato molti percorsi di psicoterapia con pazienti con attacchi di panico e disturbo d’ansia, posso suggerire due modi per superare questo disagio.

Il primo potremmo definirlo di “pronto intervento”. È una prassi terapeutica che consente di aiutare il paziente a disinnescare il circolo vizioso in cui cade quando ha un attacco di panico.

Quando il paziente viene in studio per le sue prime sedute, quello che posso fare nell’immediato è informarlo e fargli capire che quello che le sensazioni che prova durante l’attacco di panico non hanno nulla di pericoloso. Non sta correndo un reale pericolo. Non c’è nulla che non va in noi, non è un segno di pazzia o di malattia.

Tutti quei sintomi sono il risultato di un’intensa scarica di adrenalina e rappresentano il corrispettivo fisico di quel che avviene al corpo quando facciamo una forte corsa. Spiegare tutto questo serve a far emergere una maggiore consapevolezza e a mettere il paziente in condizione di gestire l’attacco di panico attraverso le tecniche di rilassamento e rallentando il respiro.

Può anche essere utile camminare, per allentare la tensione fisica, oppure cercare di concentrarsi su un compito mentalmente impegnativo in modo da spostare la propria attenzione su altro e impedire ai pensieri negativi e catastrofici di sopraffarci.

La seconda modalità per affrontare il disagio dell’attacco di panico è un intervento più profondo, che ha a che fare con la possibilità di rimuovere quegli ostacoli che impediscono alla persona di esprimere liberamente le proprie emozioni. Non si lavora semplicemente sul sintomo, ma sulle cause soggiacenti. È un percorso lungo, che prevede di affrontare conflitti, sciogliere sensi di colpa, familiarizzare con emozioni che vengono scisse e negate. A quel punto, l’emozione che viene riconosciuta non è più somatizzata. I sintomi si diradano.

Ogni percorso è diverso dall’altro poiché ogni individuo è unico.

Sappiamo, però, che chi prova attacchi di panico ha solitamente un grande potenziale inespresso. Caratteristiche personali, abilità, risorse che possono emergere attraverso la psicoterapia. Riconoscere queste parti di sé rimosse e riappropriarsene porta enormi benefici: la qualità della vita si eleva.

Non soltanto perché spariscono i sintomi e non si è più vittima di attacchi di panico. Ma perché si riesce a liberare energie prima represse. Un esempio è rappresentato dalla persona remissiva che diventa più assertiva, in grado di affermare sé stessa, cosa che migliora l’autostima. È un miglioramento che incide sul lavoro e nelle relazioni.

Si verifica un miglior adattamento al proprio contesto, un arricchimento di strumenti e possibilità.

Di tutti i disturbi, l’attacco di panico è quello con la prognosi migliore. Con un trattamento adeguato, nella totalità dei casi, si ha un miglioramento notevole e una remissione del sintomo. Questo perché l’attacco di panico è un sintomo egodistonico, che non è in armonia con il nostro io, con l’immagine e la percezione che abbiamo di noi stessi. Di conseguenza, chi lo prova ha una forte motivazione a lavorare su di sé a differenza di chi sperimenta sintomi egosintonici, come quelli di chi presenta una personalità psicopatica, che neanche si accorge di avere un disturbo.

L’attacco di panico è una forte chiamata a vivere una vita più autentica, in contatto con sé stessi.

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